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SIKH Attualità

La comunità Sikh in cifre

L'Italia è il primo paese dell'Unione Europea e il secondo del continente, dopo l'Inghilterra, per presenze di indiani, che costituiscono la prima comunità di emigranti al mondo (18 milioni di persone). L'India è, infatti, il primo paese destinatario di rimesse inviate dall'estero, e l'Italia si trova in sesta posizione per invii.

Gli indiani regolari in Italia, al 1° Gennaio 2021, erano 153.946, appartenenti a varie confessioni religiose: Sikh, Cristiana, Ravidassia, Hindu e Buddhista e sono attualmente i primi tra i migranti per possesso di nuovi permessi di lavoro. Non si conosce con esattezza il numero dei componenti di ogni comunità, ma si sa con certezza che prevalgono i Sikh (60.000 o 40.000) e i Punjabi in generale. Si calcola che gli irregolari siano circa 50.000.

The Indian Ambassador in Italy, The Major of Fondi and the Sikh Community, photo by Piergiorgio Curci

La comunità è molto giovane: costituita per il 58% da uomini con età media di 33 anni. Il 23% ha meno di 18 anni e tale percentuale denota la crescita del numero dei ricongiungimenti familiari.

I 3/5 del totale sono presenti al Nord: Lombardia (49.270), Lazio (32.653), Emilia Romagna (18.595), Veneto (17.088).

La maggior parte, il 62,7%, risiede in Italia da lungo tempo, ma il loro numero è in calo dal 2020, a causa della pandemia e delle restrizioni agli ingressi imposte da molti paesi. La comunità più grande vive a Roma: circa 19.000 persone, tra questi molti Keralesi di religione cristiana. Seguono Brescia (13.000) e Latina (11.000), dove i migranti sono a maggioranza Sikh.

I matrimoni misti sono molto rari (0,6% del totale), perché la comunità indiana tende ad essere endogama, per ragioni culturali e, soprattutto, castali.

Ci si sposa all'interno della comunità; il matrimonio è combinato e, sebbene rispetto al passato, esista oggi una certa libertà di scelta, il futuro coniuge deve appartenere alla stessa religione e, soprattutto, alla stessa casta. Nonostante siano basati più sulla ragione che sul sentimento, si tratta quasi sempre di matrimoni riusciti. La famiglia non è mononucleare, ma allargata e le decisioni vengono prese dal padre, anche dopo il matrimonio.

La comunità è, perciò, molto coesa ed è forte la solidarietà all'interno del gruppo familiare. Gli indiani hanno un alto tasso di natalità, rispetto agli altri extra comunitari: negli ultimi 10 anni sono nati circa 28.000 bambini, segno della loro stabilizzazione sul territorio, mentre sono pochi gli anziani, perché, evidentemente, tornano in India.

Gli indiani entrano presto nel mondo del lavoro e tendono a non proseguire gli studi dopo la scuola dell'obbligo, ma, paradossalmente, all'università sono più numerosi delle altre comunità di migranti.

FOTO: Processione religiosa a Castelgomberto, Vicenza, foto di Giorgia Cantele

Note

I dati sono tratti dal Rapporto annuale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: “La comunità indiana in Italia. Rapporto annuale sulla presenza dei migranti, 2020-21” e da “Tuttitalia.it".

Processione religiosa a Castelgomberto, Vicenza, foto di Giorgia Cantele

Professioni

  • 40,3% impiegato in agricoltura
  • 25,3% nell'industria
  • 13,9 % nel commercio
  • 11,1% nei trasporti
  • 9,3% nei servizi

Il 46,4% svolge lavori manuali non qualificati, poiché in Italia e Spagna emigrano i meno istruiti, provenienti dagli strati più poveri della società mentre gli Highly Skilled workers, i laureati e i professionisti, emigrano in genere in Inghilterra, Stati Uniti e Canada, grazie a leggi che concedono visti solo ai più qualificati.

Parlano spesso solo la lingua hindi o punjabi, pochissimo o per niente l'inglese o l'italiano, anche se vivono da anni in Italia e hanno in genere pochi contatti al di fuori della comunità. Le scuole pubbliche indiane non offrono una buona formazione e le scuole private sono troppo costose e accessibili solo ai benestanti.

FOTO: Bhai Baldeep Singh all’inaugurazione della mostra sulla partecipazione dei soldati indiani alla Grande Guerra, Biblioteca Angelica di Roma, ottobre 2015, foto di Giorgia Cantele

Nonostante questo, nel corso del tempo, la comunità indiana si è ricavata un ruolo esclusivo in alcuni settori lavorativi, le cosiddette “nicchie etniche” e hanno occupato professioni abbandonate dagli italiani. La maggior parte dei migranti stagionali è attualmente di origine indiana, grazie alla loro grande affidabilità.

Più di un terzo lavora in agricoltura, negli allevamenti di bovini e nella produzione di formaggi. Senza gli indiani la produzione del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano si fermerebbero. La professione di “bergamino”, considerata troppo faticosa e poco attraente dal punto di vista dello status sociale dai giovani italiani, ha invece attirato gli indiani, che si sono specializzati in questo settore.

Poiché tale lavoro richiede un lungo training, è generalmente regolarizzato e quindi permette i ricongiungimenti familiari. Le mogli partecipano al lavoro del marito, vivono nelle cascine e, come i mariti, hanno scarsa conoscenza dell'italiano e dell'inglese, il che le porta ad isolarsi.

  • Il 24,3% degli indiani lavora nel settore della concia delle pelli nel distretto di Arzignano (Vicenza), soprattutto membri della comunità Ravidassia, separatasi di recente dal Sikhismo
  • Il 5% lavora nelle costruzioni
  • Il 12% nei trasporti, principalmente membri della comunità dei Lubana (Sikh)
  • Il 5% lavora in hotel e ristoranti

Gli indiani hanno scarsa propensione ad aprire nuovi business, a differenza di Bangladeshi e Pakistani.

FOTO: Gurdwara di Chiampo, foto di Giorgia Cantele

Note

Sul lavoro degli indiani nel settore agricolo e caseario esiste un vasta bibliografia, nonché due film: “Il vegetariano”, di Roberto San Pietro (2019), e “ The harvest” di Andrea Paco Mariani, film sul caporalato girato nell'Agro Pontino.

Gli studi più importanti:

  • Kathryn Lum: “Indian diversities in Italy: Italian case study”, Fiesole(Fi), Carim-India Research Report 2012/02, European University Institute, Robert Shuman Centre for advanced studies
  • K.Lum, Paramjit Sahai: “Migration from Punjab to Italy in the dairy sector: the quiet revolution”, Fiesole(Fi), Carim-India Research Report 2013/10, European University Institute, Robert Shuman Centre for advanced studies
Processione religiosa a Castelgomberto, Vicenza, foto di Giorgia Cantele

Le ragioni storiche, politiche ed economiche dietro l'emigrazione

Nella storia dei Sikh si distinguono 3 momenti di forte emigrazione. Sono arrivati in Italia nella seconda metà degli anni '80, dopo l'uccisione del Primo Ministro Indira Gandhi, per mano delle sue guardie del corpo Sikh, che la ritenevano responsabile dell'attacco al loro tempio più sacro, il Tempio d'Oro di Amritsar.

Pochi mesi prima si era asserragliato nel tempio, con armi e seguaci, il leader religioso separatista Bhindranwale, accusato di terrorismo. Il Punjab era politicamente instabile da anni, teatro di attentati e scontri tra le comunità. L'esercito indiano aveva, così, fatto irruzione nel Tempio per liberarlo e molti pellegrini erano morti durante l'attacco.

Indira, in quanto Primo Ministro, venne considerata responsabile e il suo assassinio, qualche mese dopo, scatenò ritorsioni contro la comunità Sikh; i morti furono circa 8000. Migliaia di Sikh fuggirono così in Pakistan, in Europa e negli Stati Uniti.

Circa 32000 chiesero asilo in Italia tra il 1985 e il 1990 e altri 11000 tra il 1990 e il 1992. Costoro aprirono la strada e, negli anni '90, cominciarono ad arrivare i migranti economici, in seguito alla crisi dell'agricoltura in India.

Concerto di musicisti sikh all’ inaugurazione della mostra sulla partecipazione dei soldati indiani alla Grande Guerra, Biblioteca Angelica di Roma, ottobre 2015, foto di Giorgia Cantele

Il Punjab è la regione più fertile dell'India, il “granaio” del paese e qui negli anni '60 venne applicata la Green Revolution, cioè l'agricoltura venne “modernizzata”, con l'introduzione di sementi ibride, fertilizzanti e pesticidi, con le coltivazioni intensive di riso e grano e la sparizione delle sementi e dei metodi di coltivazione tradizionali.

Tutto questo portò all'indebitamento dei contadini e a un numero crescente di suicidi nelle campagne; secondo il National Crime Records Bureau of India si suicidano 2 contadini ogni ora, 7 al giorno solo in Punjab.

L'inquinamento e l'abbassamento delle falde acquifere, le monoculture con sementi ibride e la sparizione di piante selezionate nel corso dei secoli e adattate ai climi locali, la dipendenza dei contadini dai nuovi semi prodotti dalle multinazionali, così come da pesticidi e fertilizzanti, ha portato all'abbandono delle campagne e all'esodo all'estero.

FOTO: Processione religiosa a Castelgomberto, Vicenza, foto di Giorgia Cantele

Una nota storica: la comunità Sikh ha, comunque, un'antica “attitudine” alla migrazione. Rimasta fedele alla corona inglese durante la grande rivolta del 1857 (la Mutiny), veniva arruolata in massa nell'esercito e nella pubblica amministrazione coloniale e inviata negli angoli sperduti del vasto impero britannico. A differenza degli Hindu, i Sikh non avevano il tabù del Kalapani (attraversamento dei mari), cioè non rischiavano l'espulsione dalla casta se andavano all'estero e così, subito dopo l'abolizione della schiavitù in Inghilterra, molti lavoratori provenienti dal Punjab vennero inviati nelle colonie caraibiche, in Africa e in Australia, a lavorare nelle piantagioni o nelle ferrovie.

Nacquero così le piccole comunità Punjabi in Africa, Australia, nelle isole caraibiche, nel Golfo Persico, in Birmania e a Singapore e, sebbene alcune siano state in seguito espulse dai paesi africani (Uganda, per esempio), altre sono ancora ben presenti e radicate negli altri paesi.

Note

Sucha S. Gill:”Economic distress and farmer suicides in rural Punjab” in https://punjab.global.ucsb.edu (pag.5-6)0

Aditya Indla: “Bhindranwale: how one controversial religious figure threatened the unity of India”, in “History in the making:vol.13, art. 15, su: https://scholarworks.lib.csusb.edu/vol.13/iss1/15/history-in-the-making

Link

ISAS - Istituto Internazionale di Studi Sud Asiatici

Mostra sulla partecipazione degli indiani alla Grande Guerra.

Credits:

Sikh attualità