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Ortodossia Attualità

La guerra e le divisioni tra le Chiese

Il conflitto scatenato il 24 febbraio 2022, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, dopo una guerra silenziosa e dolorosa che va avanti dal 2014, ha portato alla luce, oltre al fallimento della politica e della diplomazia, anche lo “scandalo” evangelico della divisione tra le chiese cristiane, l’empietà di una guerra fratricida scatenata proprio nel luogo originario e simbolico in cui ha avuto luogo il battesimo dell’antica Rus’ kieviana, grembo generativo di quella cultura cristiana dalla quale per secoli queste nazioni hanno tratto la loro linfa vitale, anche dal punto di vista spirituale e creativo. Questa guerra esplosa nel cuore della Slavia ortodossa, ma anche cattolica, chiama in causa l’intera cristianità e civiltà europea, come mai era accaduto prima d’ora, dopo la fine della II Guerra Mondiale.

La Cattedrale di Santa Sofia a Kiev, costruita tra il 1037 e il 1060, è il principale edificio religioso che testimonia la cristianizzazione della Rus' di Kiev (foto F. Braschi)

Le crescenti tensioni emerse negli ultimi anni, soprattutto all’interno del mondo ortodosso, con l’accentuarsi di contrapposizioni etniche e nazionalistiche, hanno drammaticamente compromesso l’unità di comunione tra loro e possono essere percepite anche come l’allarmante anticipazione della deflagrazione vera e propria della guerra.

Come più volte invocato da Papa Francesco in queste settimane, come cristiani siamo chiamati anzitutto all’unanime ascolto di Cristo che chiede ai suoi discepoli di essere “operatori di pace”. Questo significa mettere in atto tutti gli strumenti di cui le Chiese cristiane dispongono per contribuire a generare la pace e la giustizia interrompendo al più presto il massacro in atto, con tutte le sue forme più feroci e perverse di disumanizzazione e di annullamento dell’idea di persona, della sua dignità divina.

Il poeta Vjačeslav Ivanov (1866 – 1949) (foto da Wikiquote)

Come già intuì all’inizio del secolo scorso il pensatore russo V. Ivanov, utilizzando un’efficace metafora (poi fatta propria da Papa Giovanni Paolo II), oggi più che mai la cristianità deve poter tornare a respirare con i “due polmoni”, orientale e occidentale, attingendo costruttivamente a quel formidabile patrimonio spirituale della Chiesa indivisa del I Millennio, sia pure tenendo conto dei tanti mutamenti storici, politici e culturali avvenuti. Siamo sempre e comunque chiamati all’unità in Cristo, sia pure nella diversità delle identità storiche, etniche, linguistiche e culturali.

Il problema culturale e storico: la Russia e l’Europa

Osservando con dolore quanto sta accadendo in queste settimane di guerra ritorna a imporsi come un macigno l’interrogativo storico sulla questione dell’Oriente europeo, vale a dire: in quale modo la Russia può ripensare all’Europa come al suo problema? Come L’Europa poi intende includere il suo Oriente come parte di sé e non più come corpo estraneo? Il filosofo Nikolaj Berdjaev aveva colto il dramma di questa tensione tra i due poli dell’identità russa, ma anche europea, osservando che «la Russia è Oriente-Occidente, e da ciò deriva il suo complesso tormentato destino, la sua storia infelice».

Il feroce conflitto russo-ucraino ha riportato a galla una questione dilemmatica cruciale e mai risolta già da un paio di secoli: la Russia e l’Europa. Questione cruciale che già aveva agitato l’intera cultura della seconda metà dell’Ottocento; si pensi all’accesa disputa tra slavofilismo e occidentalismo, una tensione tornata molta attuale, anche se poi le due correnti di pensiero andrebbero ripensate proprio nella loro interazione, sottraendole alla semplificazione di un contrapposto schematismo concettuale.

Mosca, Cattedrale di San Basilio (foto F. Braschi)

Il delicato processo di dialogo per la conoscenza delle anime del cristianesimo ha subito negli ultimi decenni una drammatica torsione a causa soprattutto di due dinamiche contrapposte: la progressiva negligenza della cultura europea occidentale nei confronti della grande cultura russa quale parte costitutiva dell’Europa; l’imporsi progressivo di un disegno politico e ideologico all’interno della Federazione Russa di un ritorno al mito imperiale e nazionalista. Dalla metà degli anni Novanta ad oggi la questione, colpevolmente elusa e omessa da parte dell’Europa occidentale, resta quella della collocazione geopolitica, culturale e religiosa della Russia, la sua incidenza sugli orientamenti di pensiero futuri, sulle evoluzioni e le prospettive nel faticoso assetto della nuova Europa.

Soltanto un rinnovato incontro tra le culture europee d’Oriente e d’Occidente potrà dare forma alla sua unione e comunità civile, ma questo incontro non potrà prescindere dalla conoscenza reciproca, dalla scoperta del comune patrimonio culturale e spirituale e al contempo dalle differenti visioni del mondo, lasciando emergere convergenze e complementarietà.

La nuova Europa ancora in tormentato assestamento deve poter ritrovare la sua unità nella diversità, unità non solo monetaria, economica e politica, ma culturale e spirituale a partire dalla profonda conoscenza delle sue diverse “anime” che la compongono come fonte di ricchezza dell’identità e civiltà europea.

Cultura russa e spiritualità ortodossa al servizio della pace

Gli effetti perversi delle guerre sono anche l’ottundimento della ragione, lo “sconvolgimento” della fede e della speranza, con la conseguente perdita di umanità e il rischio di asservimento al potere politico. Quasi sempre la retorica ideologica della sopraffazione e della guerra conduce allo spegnimento di un sapiente discernimento a favore della propaganda e di un uso distorto della comunicazione, con la conseguenza di un crescente espandersi della stupidità. Tra queste forme più diffuse di stupidità vi è anche quella di identificare i governi, i capi politici e i dittatori che scatenano questi massacri con l’intero popolo, persino con la cultura che un paese e una civiltà hanno faticosamente generato nei secoli.

Si deve saper leggere cosa sta accadendo oltre la maschera dell’ideologia e della insopportabile retorica della guerra, guardando soprattutto alle nuove generazioni che tra enormi difficoltà stanno mettendo in atto una resistenza morale e civile. La cultura russa, nelle sue diverse espressioni (letteraria, poetica, musicale, filosofica, scientifica …) soprattutto la cultura cristiana, la grande tradizione ortodossa, teologica, spirituale e mistica custodiscono una straordinaria sapienza di pace e di non-violenza che merita di essere conosciuta, assimilata e diffusa, soprattutto perché costituiscono l’antidoto più potente contro ogni forma di guerra, di volontà di potenza, di violenza gratuita sugli inermi, di ideologia di odio e di morte.

Il monastero di Optina Pustin' (Foto di Siverec)

In questa prospettiva andrebbero riscoperti i principali testimoni dell’anima russa, i più eminenti autori della grande tradizione ascetica, della rinascita filocalica russa del XIX secolo quali le straordinarie figure spirituali di Teofane il Recluso, Ingnatij Brjančaninov, i grandi monaci di Optina Pustyn’, i tanti testimoni di santità laica di questa tradizione spirituale russa tra ‘800 e ‘900 Iulianija Lazarevskaja, Fedor Bucarev, Mat’ Marija Skobcova.

Mat' Marija è una delle figure di santità più interessanti del '900 russo in esilio. Su di lei esistono anche in lingua italiana delle pubblicazioni Segnaliamo:

  • N. Kauchtschischwili, mat’ Marija. Il cammino di una monaca, Qiqajon, Magnano, 1997;
  • S. Hackel, Credo. Vita di Madre Marija, Elizaveta Jur’evna, santa e martire (1891-1945), edizioni Kolbe, Ponteranica 2022.

Accanto a loro, fioriva anche una grande civiltà letteraria e artistica, una formidabile cultura filosofica e religiosa incentrata sulla dignità della persona, sul primato della libertà e della coscienza, sul mistero della divino-umanità in ogni creatura, sulla potenza trasfigurante della luce divina nelle realtà umane. Un pensiero e una cultura di pace davvero poderosi, che si avvalgono di tante mirabili opere e autori dalla metà del XIX secolo con una generosa fioritura del pensiero religioso russo dell’inizio del secolo scorso, che anche dopo la Rivoluzione bolscevica del 1917 riesce miracolosamente a sopravvivere in diverse forme e luoghi per gran parte del XX secolo. Esemplari restano a riguardo gli scritti contro la guerra, la pena di morte, la violenza, la persecuzione e ogni forma di violazione della libertà e dignità umana dei principali rappresentanti di questo pensiero cristiano, che in molti casi hanno pagato con il Gulag e con la vita, oppure con l’esilio, la loro coerenza e testimonianza.

Per questo sanzionare, boicottare e cancellare la “cultura russa” in questo particolare momento, oltre ad essere mosse insensate e sconsiderate che non tengono conto del significato e del destino di questa cultura, diventano scelte che finiscono paradossalmente per favorire la guerra di Putin e l’ideologia nazionalista di conquista, depauperando il cristianesimo nella sua quotidiana scoperta della vocazione all’unità per la costruzione della pace nella riconciliazione delle memorie.

Ebrei e musulmani in Ucraina

La presenza ebraica in Ucraina si è venuta drammaticamente riducendo per le terribili vicende della Seconda Guerra Mondiale che hanno portato, per opera della persecuzione nazista, in alcuni casi appoggiata e in altri avversata dalla popolazione locale, allo sterminio di oltre un milione di ebrei che, per secoli, aveva profondamente segnato la vita culturale e sociale dell’area che attualmente fa parte dell’Ucraina. Non erano mancati nella storia episodi di discriminazione, spesso violenta che si sono susseguiti fino all’inizio del XX secolo.

Su questo tema è fondamentale il contributo di L. Quercioli Mincer, Storia e spiritualità ebraica in Ucraina. Un panorama, in: L. Vaccaro (a cura di), Storia religiosa dell’Ucraina, Centro Ambrosiano, Milano 2007 pp. 511-533.

La rivoluzione russa, con l’emigrazione forzata di tanti, e, soprattutto l’occupazione nazista hanno determinato il drastico crollo delle dimensioni della comunità ebraica, le cui origini alcuni fanno risalire all’esperienza del regno dei Cazari, una comunità che nel corso dei secoli ha dato vita a tante strade originali nel ripensamento del patrimonio culturale ebraico, tanto che a Uman è tuttora vivo il ricordo del rabbino Nahman di Braslav. Dall’indipendenza dell’Ucraina con il riconoscimento degli ebrei ucraini come minoranza etnica nazionale con diritto all’autonomia culturale, si è assistito a una progressiva rinascita, se non numerica, della presenza ebraica, con il rilancio e la fondazione di luoghi di culto e di cultura nonostante sia proseguita l’emigrazione verso lo Stato di Israele.

Il memoriale di Babij Yar, nei dintorni di Kiev, dove furono uccisi nel 1941 oltre 33.000 ebrei ad opera dei nazisti occupanti, coadiuvati da collaborazionisti locali (foto F. Braschi)

La presenza dei musulmani caratterizza soprattutto la storia di alcune regioni dell’odierna Ucraina; in particolare è legata alla Crimea dove, per secoli, la maggioranza della popolazione era composta da tatari di religione musulmana che hanno subito, ancora nella seconda metà del XIX secolo, una politica discriminatoria da parte dell’Impero zarista; sotto Stalin, anche i tatari, sono stati investiti dalla politica di deportazione di massa che ha comportato una loro drastica riduzione nella Crimea. Negli ultimi anni dell’Unione Sovietica e, poi, con l’indipendenza dell’Ucraina, si è avuto un recupero della tradizione tatara in Crimea, anche con la crescita numerica di coloro che si richiamano a questa tradizione.

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